“Sono 265 i comuni lombardi ad alto rischio di spopolamento, pari al 18% del totale dei comuni della Regione, ai quali si aggiungono ulteriori 255 comuni a rischio moderato (il 17%), per un totale del 35% dei comuni sul territorio lombardo che deve affrontare tale problema.”: lo ricorda il Consigliere Regionale di Fratelli d’Italia Giacomo Zamperini richiamando i dati dello studio di Polis-Lombardia intitolato ‘Il rischio di spopolamento nei comuni lombardi’.
E proprio nelle terre alte è sempre più significativo il rapporto in negativo tra nascite e decessi. Secondo un recente rapporto dell’Istat relativo al 2023, dei 511 Comuni lombardi che appartengono alle Comunità Montane, le culle sono vuote per 36 realtà comunali, mentre 88 hanno valori che non superano i 4 nati ogni mille residenti.
“Per invertire la rotta prima che sia troppo tardi – continua Zamperini – serve un intervento straordinario con politiche mirate, come è stato fatto per la zona economica speciale, la ZES unica del Mezzogiorno. Solo così sarà possibile favorire quello che abbiamo voluto chiamare il ‘rinascimento demografico’, un obiettivo ambizioso raggiungibile prima di tutto creando le condizioni essenziali che possano sostenere le famiglie e le imprese lombarde che operano in questi territori così drammaticamente colpiti dall’inverno delle nascite, favorendo il mantenimento e la creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto nei territori che maggiormente rischiano l’abbandono”.
Proprio per quanto riguarda l’andamento demografico, l’Istat ha fotografato un’Italia a due velocità. Nell’ultimo decennio, dal primo gennaio 2014 al primo gennaio 2024, in Italia la popolazione delle aree interne è scesa del 5%, quella dei centri dell’1,4%. “Dobbiamo continuare a investire su politiche legate alla natalità – conclude Zamperini – ma è ovvio che serva una maggiore attenzione per le aree interne e per la montagna. L’inversione di tendenza nell’epocale crisi demografica che stiamo vivendo, può avvenire solo affrontando con decisione questo problema, comprendendone le origini e mettendo a punto interventi mirati, non soltanto di carattere economico, ma culturale e sociale”.
“Serve che sia fatto tutto il possibile per invertire la rotta e questa tendenza negativa. In che modo? Sostenendo chi vive e lavora nelle così dette ‘terre alte’, introducendo specifici incentivi, come ad esempio dei criteri di premialità nei bandi regionali per imprese, associazioni e cittadini che operano nei territori di montagna. Si tratta di iniziative determinanti che dimostrano attenzione e sensibilità sul problema e che, sommati, possono davvero fare la differenza nel contrastare il drammatico spopolamento delle nostre aree interne, le quali rappresentano un patrimonio per la nostra cultura millenaria, materiale e immateriale, a partire da quella della civiltà rurale. Le famiglie e le imprese che decidono di restare a vivere e lavorare nelle aree montane e pedemontane devono essere sostenute e premiate, perché presidiano e si prendono cura di territori che altrimenti sarebbero abbandonati, solo così potremo invertire la rotta e contrastare l’inverno demografico che sta per abbattersi su tutti noi”.